Tartufi

Tuber macrosporum Vittadini 1831


Tuber macrosporum


Il nome scientifico deriva dalle parole greche μακρoς, che significa grande, e σπoρa, spora o seme. Viene comunemente chiamato tartufo nero liscio in virtù della superficie dei suoi ascomi, che sono rivestiti da un peridio nerastro o rugginoso costituito esternamente da verruche poligonali irregolari, molto piccole ed appiattite, che conferiscono un aspetto quasi liscio al tartufo stesso. I suoi ascocarpi sono globosi o subglobosi, hanno diametro variabile da 1 a 6 cm e odore aromatico, agliaceo, gradevole, che ricorda quello del T. magnatum.

Quando viene sezionato, mostra una gleba non molto soda, di colore bruno tendente al rossiccio, con vene bianco-opache, numerose e piuttosto larghe (Fig. 19 B). I suoi aschi misurano 90-120 (130) x 60-80 (85) μm (pedicello escluso) e contengono 1-5 spore (più; frequentemente 3) di forma ellittica, dimensioni superiori a quelle degli altri tartufi, [(30) 40-80 (92) x (25) 30-55 (62) μm], colore bruno ed episporio crestato-reticolato a maglie irregolari.

Cresce, in simbiosi con querce, pioppo, salici e nocciolo, in terreni argillosi ed esposti a mezzogiorno e matura a fine estate-autunno. Si trova in Europa e nell’America settentrionale e non è comune. Ne è stata sperimentata con successo la coltivazione nelle province di Brescia e di Mantova, utilizzando il nocciolo ed il carpino nero come piante simbionti (Vezzola, 2002). Dal punto di vista economico, viene considerato un tartufo mediamente pregiato