L'aggettivo che caratterizza questa varietà di tartufo è molto probabilmente derivato dall'affinità dell'odore che si sprigiona dai suoi ascomi, con quello fortemente aromatico e penetrante di una sostanza, detta in arabo "musk" e, in italiano, "muschio" o "musco" prodotta, da vari mammiferi e, in particolare, dal ruminante Moschus moschiferus, che vive sugli altipiani dell'Asia centrale e possiede in fondo al ventre una ghiandola che la secerne. Essa ha colore bruno, odore penetrante, sapore acre, amaro, risulta solubile in alcole etilico ed etere ed è molto usata in profumeria, per la sua proprietà di fissare gli odori, e fin dall'antichità in medicina come sedativo e antispasmodico. Secondo alcuni studiosi, l'aggettivo moschatum deriverebbe, invece, dalla delicatezza del peridio del tartufo, che, staccandosi facilmente dalla gleba, conferirebbe un aspetto "morsicato" allo stesso. I caratteri che aiutano a differenziarlo dal T. brumale non sono quelli macro- e microscopici ma il forte odore di "musco", la facilità con cui il peridio si distacca dalla gleba ed il colore di quest'ultima, che tende al beige-marrone e non al grigio.