Le colture foraggere sono specie o consociazioni di specie il cui prodotto principale è utilizzato nell'alimentazione del bestiame.
La caratteristica della quasi totalità delle foraggere, ad eccezione di quelle utilizzate come erbaio a taglio unico, è la loro vivacità, cioè il fenomeno secondo il quale sono in grado di ricacciare dopo l'utilizzazione.
Questa opportunità è presente nelle foraggere dotate di particolari strutture morfo-fisiologiche basali quali la corona ed il cespo, rispettivamente per le leguminose e le graminacee.
Esse possono essere classificate in base a:
Le specie più utilizzate appartengono alle graminacee ed alle leguminose.
In relazione alla durata le colture foraggere possono essere annuali o temporanee (con ciclo colturale inferiore ad un anno), poliennali (in caso di un ciclo colturale di 3-5 anni) oppure perenni. In caso di durata inferiore o uguale ad un anno si parla di erbai. A seconda della stagione in cui svolgono il loro ciclo gli erbai si distinguono in:
Se la durata è superiore ad un anno si parla, invece, di prati. Sia gli erbai che i prati possono essere avvicendati per periodi inferiori a 10 anni. Per periodi superiori a 10 anni siamo di fronte a prati permanenti. (solo prati evidentemente
e non erbai) che possono essere sfalciati (prato), solo pascolati (pascolo) oppure pascolati dopo il primo taglio (prati-pascoli).
La foraggera può essere posta nella rotazione in coltura principale oppure in coltura intercalare.
Il prato può essere composto da una sola specie ed in tal caso si parla di prato monofita. Se è composto di 2-4 specie si parla di prato oligofita. Il prato polifita, invece, è composto generalmente da 5 o più specie.
Nel caso dei prati i foraggi sono prima falciati e poi resi disponibili agli animali. Nel caso dei pascoli, invece, sono resi disponibili direttamente. Allorquando si effettua un primo sfalcio destinato a scorte e poi i prati sono pascolati si parla di prati-pascoli.
Il pascolo magro è definito, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. f), del Decreto Mipaaf n. 6513 del 18 novembre 2014, come un pascolo permanente di bassa resa, di norma su terreno di scarsa qualità, in genere non concimato, coltivato, seminato o drenato, le cui superfici sono abitualmente utilizzate solo per il pascolo estensivo e non vengono falciate.
Le aree a prati permanenti e pascoli ricadenti in Regione Campania, secondo i dati rilevati ISTAT al 6° censimento dell'agricoltura, sono poco più di 120.000 ettari per quasi 15.000 aziende. Nella tabella seguente si riportano i richiamati dati suddivisi per provincia sia in termini numerici che percentuali.
Le superfici in Campania
Province |
PRATI PERMANENTI E PASCOLI |
|||
Aziende |
Superficie ha |
|||
2010 |
% |
2010 |
% |
|
AVELLINO |
3.247 |
21,87 |
15.612,49 |
12,96 |
BENEVENTO |
2.827 |
19,04 |
12.729,50 |
10,57 |
CASERTA |
1.339 |
9,02 |
14.014,01 |
11,64 |
NAPOLI |
142 |
0,96 |
354,14 |
0,29 |
SALERNO |
7.289 |
49,10 |
77.723,97 |
64,54 |
TOTALE |
14.844 |
100 |
120.434,11 |
100,00 |